martedì 28 dicembre 2010

Tiriamo le somme?

Ancora 4 giorni e ci lasceremo alle spalle il 2010: come ogni blog che si rispetti anche la Tana del Ratto propone un paio di classifichine di rito!
"Qual è il miglior xxx dell'anno?" è una domanda che non mi piace: in primis perché non scelgo cosa leggere\guardare in base all'anno di uscita: preferisco pescare a casaccio. Quest'anno, per esempio, ho letto pochissimi romanzi pubblicati nel 2010.
In secondo luogo perché, in genere, i risultati di questi "sondaggi" tendono a essere sempre molto uniformi.
Preferisco metterla giù in questi termini: qual è stata la vostra miglior lettura dell'anno? Ecco, così potete anche dirmi, che so, Il cantico delle creature, e va benissimo!

Per quanto mi riguarda il 2010 è stato un anno ricco di soddisfazioni in ambito letterario, molto più avaro in quello cinematografico. Insomma, ho letto splendidi romanzi, ma ho visto pochissimi film veramente buoni.
Libri? Ecco il mio poker d'assi:
Come potete vedere, solo il romanzo di Ketchum (scritto nel 1989) è stato pubblicato in Italia nel 2010.
Il livello medio dei finalisti è spaventosamente alto e la scelta non è affatto semplice: ma visto che va fatta, mi inchino ai piedi della Scrittura e decreto Cattedrale miglior libro da me letto nel 2010.

Passiamo al cinema: qui la situazione è ancora più complicata, vuoi perché il numero di film che ho visto quest'anno è di gran lunga inferiore rispetto al 2009, vuoi perché la qualità media delle opere in cui sono incappato è decisamente bassa, aggiungete qualche delusione inaspettata... poca roba insomma, ma qualcosa di buono si riesce comunque a tirarlo fuori. Un altro bel pokerino (scommettiamo che me ne sono perso qualcuno per strada?):
Premio Shane Meadows, che mi ha regalato anche la miglior serie tv dell'anno: medaglia d'oro dunque a Dead Man's Shoes.

Ed ecco infine i buoni propositi per l'anno venturo. Come avrete capito, la costanza non è proprio il mio forte: preferisco non sbandierare promesse che poi chissà se manterrò. D'altra parte, rendere pubblico qualche piccolo obiettivo potrebbe stimolarmi ad aggiornare le pagine della Tana con più frequenza. Facciamo così: anche in questo caso metto giù un bel poker, un poker di Ratti. Ecco dunque i miei 4 buoni propositi per il 2011:
  • Innanzitutto voglio occuparmi di più di narrativa italiana. Anzi, diciamo che voglio occuparmi di narrativa italiana. Non sono mai stato un grande lettore di romanzi nostrani. La letteratura che da sempre mi affascina di più è quella americana. Ma di recente ho letto belle parole su certi esordienti di casa nostra: credo sia compito della rete dare voce a chi, schiacciato dalle logiche commerciali e di marketing, fatica ad avere spazio altrove no? Ok, magari certa scena italiana di genere fa pena, è tutta un magna magna ecc. Non mi interessa: voglio occuparmi di romanzi, il resto è fuffa.
  • In secondo luogo, vorrei leggere tutta l'opera in prosa di Carver. E non credo ci sia bisogno di giustificare questa scelta.
  • Ci sono tre scaffali vuoti nella mia biblioteca (in senso figurato eh, nella Tana non c'è più posto nemmeno per un 100pagine1000lire) che ho in programma di riempire, anche solo parzialmente: Fritz Leiber, che a non averlo letto si passa per pazzi furiosi e si ricevono minacce; David Foster Wallace, che abo mi ha fatto una testa così; e William Faulkner, spaventosa voragine di ignoranza personale.
  • last but not least, vorrei che il 2011 fosse l'anno del definitivo sorpasso del digitale sul cartaceo. Un po' perché, come scrivevo qui sopra, se continuo a comprare mallopponi da 800 pagine fra un po' mi tocca sfrattare il cane; un po' perché credo che l'eBook surclassi il cartaceo quasi su tutta la linea. 
Farò il possibile per mantenere gli impegni presi: come sempre, siete autorizzati a crocifiggermi in sala mensa se vi accorgerete che la pigrizia ha preso ancora una volta il sopravvento.


domenica 19 dicembre 2010

David Peace, 1974: la rat-censione

David Peace, 1974
Meridiano Zero
408 pagine, € 9,00
ISBN: 9788882371180


Yorkshire, 1974, inverno. L’inverno inglese, quello che rende la pioggia gelida come una lama di ghiaccio che penetra nella carne e nelle ossa. Edward Dunford, corrispondente di cronaca nera dello Yorkshire Post per l’Inghilterra del Nord, fiuta odore di scoop: nella cittadina di Morley una bambina di 7 anni scompare nel nulla, un caso che sembra avere molte analogie con altre due sparizioni avvenute negli anni passati. Altre due bambine, i cui corpi non sono mai stati ritrovati. Solo che, questa volta, il corpo di Clare Kemplay viene trovato, tra fango e detriti di un cantiere. Nudo, ricoperto di lividi, graffi e sangue, i segni di una violenza orribile, difficile da sopportare. E due ali di cigno cucite sulla schiena. Edward vuole la verità, ma la verità non sembra interessare affatto a gran parte delle persone con cui ha a che fare durante le indagini: colleghi, forze dell’ordine, politici più o meno influenti, più o meno corrotti. Una verità che, nonostante le resistenze, le minacce, le torture e gli omicidi, poco a poco viene a galla, trascinando con sé le scorie della violenza e delle menzogne che inquinano le relazioni sociali a tutti i livelli.

1974 è il terzo romanzo di David Peace in cui mi imbatto. In principio fu Tokyo Anno Zero, non proprio un esordio in discesa. Il primo capitolo della “trilogia giapponese” (di cui il Saggiatore ha di recente pubblicato la seconda puntata, disponibile anche in eBook) mi conquistò grazie alla scrittura densa, ossessiva, tesa a rendere su carta, appunto, ossessioni e alienazioni del protagonista, l’ispettore Mikami. Letta l’ultima parola posai il romanzo con la certezza che, prima o poi, avrei avuto nuovamente a che fare con lo scrittore inglese. Accadde qualche tempo dopo con Il Maledetto United, il miglior romanzo a tema sportivo che abbia mai letto. Il Brian Clough di Peace è entrato di diritto nella Hall of Fame dei miei personaggi letterari preferiti.

Primo capitolo del Red Riding Quartet, 1974 è anche il romanzo d’esordio di Peace, che gli valse sperticati elogi da parte della critica e il lusinghiero accostamento a James Ellroy: mica uno scribacchino qualunque. Ma io di Ellroy non ho mai letto nemmeno una riga e non so se l’accostamento sia azzeccato o meno. So solo che 1974 è un romanzo splendido e che merita tutta la fama che si è guadagnato.

La scrittura di Peace ha un grande pregio: ti si attacca alla pelle e non ti molla più. Leggete cinquanta pagine, e lo Yorkshire di Peace ve lo sentirete addosso: lo squallore dei sobborghi, il fango e l’asfalto, la puzza degli appartamenti in cui giovani marchettari concedono i loro servizi a vecchi bavosi con scroto e portafogli gonfi, l’umidità delle celle, i lividi lasciati dal manganello. E’ un cazzotto assestato lì dove fa più male, quando meno te lo aspetti. Anzi, magari te lo aspetti anche, ma, per quanto tu possa tirare gli addominali, l’effetto sarà sempre lo stesso: ti mozzerà il fiato.

La prosa asciutta e cadenzata ha la struttura del pensiero secco, rapido, scattante: la telecamera è sempre ben fissata sulle spalle del protagonista, i suoi occhi diventano subito i nostri. Edward Dunford, corrispondente di cronaca nera per l’Inghilterra del Nord, la cui ingenua ambizione e ossessiva ricerca della verità a ogni costo costerà la vita a più di una persona che incrocerà la sua strada. Una strada che il giovane cronista percorre senza curarsi di ciò che gli sta intorno: sbatte contro un muro dopo l’altro, si rialza, le ferite ancora sanguinanti, riparte, sbatte contro un altro muro, si guarda attorno con gli occhi tumefatti, si rialza. E così via. Il muro più alto, quello dell’omertà, è anche il più difficile da abbattere. Le macerie seppelliscono tutti coloro che cercano di ricavare una breccia nel cemento armato per intravedere ciò che si cela alle sue spalle: affari sporchi, appalti truccati, edifici costruiti sul sangue, silenzio e protezione comprati a peso d’oro, la corruzione dilagante. E la violenza sulle ragazzine come passatempo per chi può permettersi di comprare tutto. Benvenuti nello Yorkshire: qui non si salva nessuno. Qui siamo al Nord e chi comanda fa quello che gli pare.

I pregi del romanzo sono davvero tanti: stile, ambientazione, caratterizzazione dei personaggi, gestione dei tempi della narrazione. Forse Peace mette fin troppa carne al fuoco, e non c’è tempo per dare a ogni cosa il giusto peso: Edward va dritto per la sua strada, e noi con lui. Ma invece di star qui a fare le pulci ai pochissimi e trascurabili difetti, preferisco dirvi che, tra tante cose buone, c'è qualcosa di davvero ottimo: capitolo 10, da pagina 351 a pagina 368 di questa edizione. L’“interrogatorio” di Edward. 17 pagine di grande scrittura che vorrei riportare qui in forma integrale, se non fosse che mi si slogherebbero le dita e che vi rovinerei la sorpresa. E io non voglio rovinarvi la sorpresa: voglio che vi infiliate sciarpa e cappotto e che andiate in libreria a farvi un regalo. Dopotutto è pur sempre Natale no?



L'incipit
- Non capita mai niente, cazzo, se non quel cazzo di Lucky Luncan e un paio di cornacchie senza le ali, maledizione, - fece Gilman sorridendo come se fosse il giorno più bello della nostra vita.
Venerdì 13 dicembre 1974.
In attesa del mio primo articolo di prima pagina, con la firma e tutto, finalmente: Edward Dunford, Corrispondente di Cronaca Nera per l'Inghilterra del Nord; due giorni troppo tardi, cazzo.
Guardai l'orologio di mio padre.
Erano le nove del mattino e nemmeno uno di noi poveri stronzi era stato a letto; eravamo passati direttamente dal Circolo della Stampa a quell'inferno, con ancora addosso il puzzo di birra.
Nella sala conferenze della stazione di polizia di Millgarth, a Leeds.

lunedì 13 dicembre 2010

A New York...

Lady Liberty al tramonto: com'è romantico il Ratto!
circolano più taxi che auto private;
ci sono davvero le cisterne d’acqua sui tetti dei palazzi;
ci sono davvero le case in mattoni rossi con le scale antincendio in ferro;
la cipolla è ovunque;
il wifi è ovunque;
il vento è gelido, costante e stacca le orecchie;
gli scoiattoli infestano Central Park;
gli italiani infestano Manhattan;
il 99% dei mestieri “umili” o “di fatica” è svolto da afroamericani, ispanici o asiatici;
il 99% dei posti di potere è occupato dai bianchi;
un paio di Levi’s 501 costa 50 dollari (circa 37 euro) a prezzo pieno;
un caffè “espresso” da Starbucks costa circa 2 dollari;
un iPad costa 499 dollari, non 499 euro;
Ground Zero è un gigantesco cantiere aperto e sì, lo ammetto, mi ha impressionato meno di quanto mi aspettassi;
si può attraversare il ponte di Brooklyn a piedi e sì, lo ammetto, mi ha emozionato molto più di quanto mi aspettassi;
ho comprato una palla di Natale a forma di
Harley Davidson Cross Bones;
le librerie sono enormi (pare che
Strand contenga 18 miglia di libri, qualunque cosa significhi), ma in nemmeno una ho trovato un romanzo di Jack Ketchum o di Brian Keene;
se Little Italy e Chinatown sono confinanti c’è un motivo;

prima di entare nel tunnel di Manhattan, venendo dal Queens, c’è uno sterminato cimitero a cielo aperto: le lapidi occuperanno tutto il vostro campo visivo;
ho visto tutta la terza stagione di Sons of Anarchy;


... to be continued




Visto che insistete tanto, torna a grande richiesta la vostra rubrichetta preferita! :-)
Dov'eravamo rimasti? Ah sì, ecco. A New York...

All Stars... and Stripes
ho visto un tizio vestito da Ghostbuster con una radio che suonava la musichetta di Ghostbusters davanti alla New York Public Library: sì, quella dove hanno girato l'inizio di Ghostbusters;
i jingle natalizi ti perseguitano anche in ascensore;
ho assistito a un'intera messa in una chiesa episcopale metodista di Harlem, gospel e improperi del predicatore pazzo inclusi;
ho visto una Stars and Stripes fatta di Converse All Star;
i famigerati baracchini di hot dog sono più o meno a ogni angolo di strada;
Che Manhattan sia costruita su un vulcano?
ho mangiato pancakes all'International House of Pancake: sono stomachevoli;
ci sono davvero le ciminiere bianche e rosse da cui esce il fumo;
sono stato al famigerato melacubo Apple, e non è niente di che;
ho letto la prima parte del Mangianomi: fiaba dall'impianto molto classico, ma De Feo ci sa fare;
gli schoolbus sono gialli, proprio come nei film;
sono salito in cima al Rockefeller Center e non sono riuscito a vedere la fine della città;
c'è la biblioteca pubblica più figa del mondo: sì, quella dove hanno girato l'inizio di Ghostbusters;
ho trovato una copia di White Noise di De Lillo a 76 cents;

... to be continued again?

giovedì 2 dicembre 2010

Re Ratto sbarca in America


Ebbene sì: dopo Pechino e Tokyo, è finalmente giunto il momento di sorvolare l'altro oceano alla conquista di New York City!
8 milioni di abitanti (quasi 20 se ci allarghiamo all'area urbana) distribuiti su 1.214 chilometri quadrati: una città leggendaria, la quintessenza della metropoli americana. E pensare che fino a poco tempo fa non mi attraeva per niente.
Re Ratto, Abo e rispettive consorti: nello zaino il fido iPad saturo di film, serie tv, libri e trastulli vari. Magari ci scappano pure un articolo e qualche foto sulla Tana.
Goodbye fellas!

mercoledì 1 dicembre 2010

Era una notte buia e tempestosa


Ci pensavo da un po' e questo post di Sartoris mi ha stuzzicato ulteriormente. Non è un granché come cambiamento e forse non merita un post di spiegazioni: che vi interessi o no, d'ora in poi le rat-censioni saranno corredate dall'incipit del romanzo cui si riferiscono. Il primo periodo, magari anche il primo paragrafo completo: deciderò caso per caso. Credo che lo allegherò in coda al post.

Perché gli incipit mi affascinano e spesso dicono molto su ciò che aspetta l'incauto lettore: possono prenderlo per mano e condurlo docilmente verso luoghi inesplorati e meravigliosi, o scaraventarlo senza preavviso nel vivo dell'azione, possono spaventarlo, affascinarlo, inorridirlo.

L'incipit è importante, batte il primo colpo, scandisce il ritmo; ci mostra quali occhi prenderemo a prestito per vedere, ci svela narratore e punto di vista.

Eccone due ai quali sono particolarmente affezionato:
The Man in Black fled across the desert and the Gunslinger followed.
The sky above the port was the color of the television, tuned to a dead channel. 
Perfetti.