lunedì 2 novembre 2009

Dean Koontz, Il cattivo fratello: la rat-censione

Enoch "Junior" Cain, uomo affascinante e ambizioso, uccide a sangue freddo la donna di cui è innamorato per spezzare i legami con il suo passato e il presente e proiettarsi verso un futuro radioso, ricco di nuovi stimoli ed esperienze; durante lo stesso giorno una giovanissima donna, violentata anni prima dallo proprio da quell’uomo, muore dando alla luce il frutto di tale violenza; e, sempre nello stesso giorno, un'altra donna partorirà suo figlio subito dopo aver perso il marito in un incidente d'auto. Un giorno straordinario, in cui vita e morte si intrecciano in un perverso gioco di reciproco scambio, il punto di partenza per una storia che si sviluppa lungo tre direttrici destinate a incrociare i loro percorsi e che rispondono ai nomi di Junior, Angel e Bartholomew: un killer spietato e due bambini molto speciali, due bambini che condividono un dono altrettanto speciale che gli permette di “vedere le cose in tutti i modi in cui sono”, in tutti i mondi possibili.
Intorno a loro, un mondo popolato da personaggi indimenticabili tratteggiati con mano più che mai esperta: su tutti i gemelli Enoch e Jacob Lampion, zii di Bartholomew, che esorcizzano i ricordi di un passato di violenze domestiche vivendo nel costante terrore di un disastro naturale o di una terribile tragedia in grado di cancellare in un istante l’esistenza loro e delle persone che amano. E Thomas Vanadium, prete dismesso e inarrestabile detective sulle tracce di Cain, anch’egli dotato di una capacità molto particolare che lo accomuna alla coppia di bambini prodigio.
Il cattivo fratello è un romanzo complesso e ambizioso: Koontz è maestro nel manipolare a suo piacimento gli elementi costitutivi del genere, che diventano pretesto per riflessioni di stampo metafisico fondate su una visione fortemente manichea del reale e dei rapporti tra Bene e Male e sulle modalità della loro diffusione nel mondo: la teoria secondo la quale ogni nostra azione (buona o malvagia che sia) faccia “vibrare le corde del mondo”, tornando prima o poi a noi in forma notevolmente amplificata, è cardine essenziale della poetica koontziana e si pone come chiave interpretativa di tutto il romanzo.
In questo senso, Cain e la coppia Angel-Barty divengono estreme rappresentazioni del Male e del Bene, inconciliabili opposti le cui azioni hanno effetti concentrici e che non lasciano spazio a possibilità di superamento del conflitto. Ed è questo forse il principale limite di un romanzo che si fa portatore di una visione del mondo che non ammette sfumature intermedie fra un candidissimo bianco e un nero impenetrabile e assoluto.

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