domenica 23 maggio 2010
venerdì 14 maggio 2010
La conta della Zona Vecchia
Se tu vedi un dio smembrato
E violenti cincillà
Stai pur certo che hai fumato
Della gran Vaporità.
La Corona è marcia e vecchia
Buckingham è catapecchia
Falli fuori con piacere
La Regina e il giardiniere.
E se vien l'Autorità,
Schiavi bui della Corona,
Fuggi via bella bambina,
Fuggi fuggi via di qua.
(F. Dimitri, Alice nel paese della vaporità)
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Francesco Dimitri,
Libri
martedì 11 maggio 2010
Cella 211: la rat-censione
Autore: Francisco Pérez Gandul
Titolo: Cella 211
Editore: Marsilio
Pagine: 240
Prezzo: € 17
Il giovane Juan Olivier, al suo primo incarico come secondino in un carcere di massima sicurezza, si presenta al lavoro con un giorno d’anticipo sul primo turno di guardia. Mentre visita il braccio che rinchiude i detenuti più pericolosi ha un mancamento. Nel tentativo di rianimarlo, le guardie lo distendono temporaneamente sulla brandina di una cella al momento vuota: la cella 211. Ma non hanno il tempo di aspettare che Juan si riprenda: il carismatico Malamadre, leader indiscusso dei detenuti più pericolosi, è riuscito ad assumere il controllo del braccio e a scatenare una sommossa. Alle guardie non resta che togliersi da lì al più presto e mettersi in salvo, abbandonando l’ignaro Juan al proprio destino in mezzo ai rivoltosi…
Progetto interessante questo di Francisco Pérez Gandul, al suo esordio narrativo.
Pubblicato in Spagna nel 2004, il romanzo ha riscosso grande successo in patria, guadagnandosi ben presto una fortunata trasposizione cinematografica (il film fu favorevolmente accolto dalla critica al festival di Venezia del 2009).
Non è difficile comprenderne le ragioni: Cella 211 fa della rapidità (di pensiero e di sviluppo narrativo) la sua arma migliore, una rapidità costantemente sostenuta e amplificata dal repentino alternarsi di narratori (Juan, l'infiltrato; Armando, il secondino; Malamadre, il rivoltoso), attraverso le parole, gli occhi e la mente dei quali veniamo immediatamente catapultati nel vivo della vicenda e trascinati nell'immediato precipitare degli eventi.
Gandul di destreggia con ottima padronanza dei mezzi narrativi tra i differenti punti di vista e gli opposti schemi linguistici che afferiscono ai tre protagonisti, dando prova di un'invidiabile capacità di imprimere su carta in modo vivo e autentico le loro azioni e intenzioni.
Singolare che il personaggio meno riuscito sia probabilmente quello di Juan, fulcro di tutta la vicenda: la sua immedesimazione nel ruolo di neocarcerato ribelle è fin troppo repentina e a tratti poco credibile, così come risultano un po' forzati gli espedienti che gli permettono di essere quasi immediatamente accettato dalla popolazione carceraria come figura di riferimento all'interno della rivolta.
Se Armando, (ex) collega di Juan, è figura obiettivamente secondaria negli sviluppi della vicenda, indimenticabile è invece il personaggio di Malamadre, centro di gravità assoluto, burattinaio e mattatore in grado da solo di reggere le sorti di un romanzo che, nonostante l'obiettiva (e necessaria) brevità e concisione, attraversa comunque qualche piccolo momento di stanca. Il flusso di pensieri che attraversa la mente del galeotto più temuto da tutti, compagni di prigionia e carcerieri, è rapido, incisivo e letale come una coltellata sferrata a tradimento: la sintassi franta, la struttura tipica della libera associazione di pensiero, il dialogo (interiore ed esteriore) affilato, fatto di ripetizioni e ossessioni… fidatevi, non vi dimenticherete di Malamadre tanto facilmente.
Cella 211 è tutto sommato una lettura piacevole, che evidenzia le innegabili qualità di un narratore da tenere d'occhio, ma che ne sottolinea anche alcune mancanze, su tutte un impianto narrativo di stampo fin troppo cinematografico e messo al servizio più dei personaggi che lo animano che dell'effettivo spessore (e della credibilità) della vicenda. D'altra parte, il ritmo incalzante che lo contraddistingue ne costituisce anche uno dei più evidenti punti di forza.
Assolutamente eccessivi infine i 17 euro spillati al lettore in cambio di sole 240 pagine (che, considerate le caratteristiche piuttosto "commerciali" del romanzo, possono essere tranquillamente consumate in un paio di giorni): ma ormai trattasi di triste consuetudine.
Link utili
Cella 211 su aNobii
La (breve) recensione di Internazionale
Titolo: Cella 211
Editore: Marsilio
Pagine: 240
Prezzo: € 17
Il giovane Juan Olivier, al suo primo incarico come secondino in un carcere di massima sicurezza, si presenta al lavoro con un giorno d’anticipo sul primo turno di guardia. Mentre visita il braccio che rinchiude i detenuti più pericolosi ha un mancamento. Nel tentativo di rianimarlo, le guardie lo distendono temporaneamente sulla brandina di una cella al momento vuota: la cella 211. Ma non hanno il tempo di aspettare che Juan si riprenda: il carismatico Malamadre, leader indiscusso dei detenuti più pericolosi, è riuscito ad assumere il controllo del braccio e a scatenare una sommossa. Alle guardie non resta che togliersi da lì al più presto e mettersi in salvo, abbandonando l’ignaro Juan al proprio destino in mezzo ai rivoltosi…
Progetto interessante questo di Francisco Pérez Gandul, al suo esordio narrativo.
Pubblicato in Spagna nel 2004, il romanzo ha riscosso grande successo in patria, guadagnandosi ben presto una fortunata trasposizione cinematografica (il film fu favorevolmente accolto dalla critica al festival di Venezia del 2009).
Non è difficile comprenderne le ragioni: Cella 211 fa della rapidità (di pensiero e di sviluppo narrativo) la sua arma migliore, una rapidità costantemente sostenuta e amplificata dal repentino alternarsi di narratori (Juan, l'infiltrato; Armando, il secondino; Malamadre, il rivoltoso), attraverso le parole, gli occhi e la mente dei quali veniamo immediatamente catapultati nel vivo della vicenda e trascinati nell'immediato precipitare degli eventi.
Gandul di destreggia con ottima padronanza dei mezzi narrativi tra i differenti punti di vista e gli opposti schemi linguistici che afferiscono ai tre protagonisti, dando prova di un'invidiabile capacità di imprimere su carta in modo vivo e autentico le loro azioni e intenzioni.
Singolare che il personaggio meno riuscito sia probabilmente quello di Juan, fulcro di tutta la vicenda: la sua immedesimazione nel ruolo di neocarcerato ribelle è fin troppo repentina e a tratti poco credibile, così come risultano un po' forzati gli espedienti che gli permettono di essere quasi immediatamente accettato dalla popolazione carceraria come figura di riferimento all'interno della rivolta.
Se Armando, (ex) collega di Juan, è figura obiettivamente secondaria negli sviluppi della vicenda, indimenticabile è invece il personaggio di Malamadre, centro di gravità assoluto, burattinaio e mattatore in grado da solo di reggere le sorti di un romanzo che, nonostante l'obiettiva (e necessaria) brevità e concisione, attraversa comunque qualche piccolo momento di stanca. Il flusso di pensieri che attraversa la mente del galeotto più temuto da tutti, compagni di prigionia e carcerieri, è rapido, incisivo e letale come una coltellata sferrata a tradimento: la sintassi franta, la struttura tipica della libera associazione di pensiero, il dialogo (interiore ed esteriore) affilato, fatto di ripetizioni e ossessioni… fidatevi, non vi dimenticherete di Malamadre tanto facilmente.
Cella 211 è tutto sommato una lettura piacevole, che evidenzia le innegabili qualità di un narratore da tenere d'occhio, ma che ne sottolinea anche alcune mancanze, su tutte un impianto narrativo di stampo fin troppo cinematografico e messo al servizio più dei personaggi che lo animano che dell'effettivo spessore (e della credibilità) della vicenda. D'altra parte, il ritmo incalzante che lo contraddistingue ne costituisce anche uno dei più evidenti punti di forza.
Assolutamente eccessivi infine i 17 euro spillati al lettore in cambio di sole 240 pagine (che, considerate le caratteristiche piuttosto "commerciali" del romanzo, possono essere tranquillamente consumate in un paio di giorni): ma ormai trattasi di triste consuetudine.
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La (breve) recensione di Internazionale
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venerdì 7 maggio 2010
Legnano mon amour
Chi mi conosce sa che vado al cinema molto di rado, più per pigrizia che altro: dopotutto, perché uscire dalla Tana, spendere 8 euro (più popcorn e porcherie varie, alle quali raramente riesco a resistere) e rannicchiarmi per 2 ore in una poltroncina che non mi permette quasi mai di stendere completamente le gambe quando posso spararmi un film in taverna, gratis, stravaccato in posizione supina sorseggiando birra e strafogandomi di patatine di fronte a un plasma da 42 pollici?
Con buona pace degli amanti del cinema, non c'è proprio partita eh.
O per lo meno, così la pensavo fino a 5 minuti fa, quando, vagando qua e là in cerca di un film che mi ispirasse una visione notturna, mi sono imbattuto il Lei, la Sala dei Roditorii Piaceri, il Cinematografo delle Delizie Rattizzate: miei affezionatissimi rattacci, è con immenso piacere che vi presento la SALA RATTI di Legnano.
Con buona pace degli amanti del cinema, non c'è proprio partita eh.
O per lo meno, così la pensavo fino a 5 minuti fa, quando, vagando qua e là in cerca di un film che mi ispirasse una visione notturna, mi sono imbattuto il Lei, la Sala dei Roditorii Piaceri, il Cinematografo delle Delizie Rattizzate: miei affezionatissimi rattacci, è con immenso piacere che vi presento la SALA RATTI di Legnano.
mercoledì 5 maggio 2010
Finalmente la sinossi di Inception di Christopher Nolan
Inception è un film d’azione fantascientifico che viaggia in tutto il mondo e nel mondo intimo e infinito dei sogni. Dom Cobb (Leonardo DiCaprio) è un abile ladro, il migliore assoluto nell’arte pericolosa dell’estrazione, che consiste nel rubare segreti preziosi dal profondo del subconscio durante lo stato di sogno, quando la mente è più vulnerabile. La rara capacità di Cobb ha fatto di lui un giocatore ambito nell’infido mondo del nuovo spionaggio aziendale, ma ne ha anche fatto un latitante internazionale e gli è costato tutto ciò che ha mai amato. Ora a Cobb viene offerta una possibilità di redenzione. Un ultimo lavoro potrebbe restituirgli la sua vita, ma solo se riuscirà a realizzare l’impossibile-incipit. Al posto della rapina perfetta, Cobb e il suo team di specialisti devono fare il contrario: il loro compito non è quello di rubare l’idea, ma di piantare una. Se riusciranno, potrebbe essere il crimine perfetto. Ma nè un’attenta pianificazione, nè le grandi competenze della squadra, sono in grado di prepararli ad un pericoloso nemico che sembra prevedere ogni loro mossa. Un nemico di cui solo Cobb ha potuto prevedere l’arrivo. (Warner Bros)
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martedì 4 maggio 2010
Happy Town: Episode 1
Una cittadina apparentemente perfetta che da 5 anni si sforza di dimenticare, di seppellire un terribile segreto sotto la farina di grano che, proveniente dalla fabbrica di pane sulla collina, si stende un po' dappertutto; un efferato omicidio che riapre vecchie ferite, minando l'ordine pubblico e l'equilibrio psicologico faticosamente raggiunto negli ultimi anni... un equilibro che si spezza non solo nella collettività, ma anche nella mente di chi, come lo sceriffo, darebbe tutto pur di mantenere lo status quo.
E ancora, una giovane ragazza che, con il pretesto di aprire un negozio di candele, giunge in città per indagare i suoi misteri, un inquietante cinefilo dallo sguardo magnetico, un'accogliente pensione per arzille vedove... accogliente finché qualcuno non si mette in testa di salire al terzo piano, cui l'accesso è rigidamente proibito dalla bizzarra padrona di casa.
E l'ombra di Magic Man che incombe su ogni cosa, un'ombra che è pronta a oscurare nuovamente la città e a risvegliare le sue sopite paure...
Pur scimmiottando fin troppo vistosamente il Capolavoro Twin Peaks, e nonostante un cast la cui qualità mi è sembrata piuttosto altalenante, questo Happy Town ha qualche freccia interessante al suo arco: da tenere d'occhio.
E ancora, una giovane ragazza che, con il pretesto di aprire un negozio di candele, giunge in città per indagare i suoi misteri, un inquietante cinefilo dallo sguardo magnetico, un'accogliente pensione per arzille vedove... accogliente finché qualcuno non si mette in testa di salire al terzo piano, cui l'accesso è rigidamente proibito dalla bizzarra padrona di casa.
E l'ombra di Magic Man che incombe su ogni cosa, un'ombra che è pronta a oscurare nuovamente la città e a risvegliare le sue sopite paure...
Pur scimmiottando fin troppo vistosamente il Capolavoro Twin Peaks, e nonostante un cast la cui qualità mi è sembrata piuttosto altalenante, questo Happy Town ha qualche freccia interessante al suo arco: da tenere d'occhio.
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