E così domani ce ne andiamo da Tokyo. Un po' a malincuore perché questa folle città, con tutti i suoi eccessi e il suo essere tanto ostinatamente giapponese quanto internazionale e accogliente, aveva iniziato a conquistarmi.
Ciononostante, il desiderio di scoprire il lato più tranquillo e tradizionale ci porterà domani tra i templi di Nikko, dove ci fermeremo due notti prima di proseguire alla volta della piccola Takayama.
In questi ultimi due giorni abbiamo cercato di "assaggiare" la capitale in lungo e in largo, sia letteralmente, sia da un punto di vista turistico un po' mordi e fuggi. E così, ieri mattina siamo finiti a Shibuya, dove, superato lo shock (e il godimento) di attraversare lo Shibuya Crossing (forse l'incrocio pedonale più famoso al mondo) e dopo aver gironzolato senza meta tra le vie del quartiere più "ggiovane" e trendy della città, abbiamo proseguito verso Harakuju per goderci lo spettacolo domenicale delle cosplay zoku in tutto il loro splendore. Credo che l'immagine non necessiti di alcun commento.
Ci siamo poi accodati a una discreta fiumana di gente, lasciandoci trascinare verso Meiji-Jingu, il tempio buddhista più vasto e importante della città. Ne è valsa decisamente la pena, quantomeno per trovare un po' di riparo dalla caotica quotidianità prodotta da 30 milioni di persone che vivono nello stesso luogo.
Stamattina sveglia ore 6 per arrivare il più presto possibile allo Tsukiji Fish Market, il principale mercato ittico di tutto il Giappone. Nonostante l'alzataccia non siamo riusciti ad assistere alle aste, che purtroppo erano già concluse, in compenso abbiamo trascorso un paio d'ore immersi nella brulicante vita mattutina del mercato. Ancora una volta, la soddisfazione ci ha più che ripagato dello sbattimento: assistere alla frenetica attività del luogo all'apice della sua intensità è uno spettacolo non da poco, e in ogni caso fare colazione alle 8 di mattina con un piatto del sushi più fresco del mondo non ha prezzo.
Nel pomeriggio, l'elegante Ginza (il Sony Building, con la sua esposizione di strambi prototipi e televisori 3D di futura generazione, è tappa pressoché obbligata) e la delirante Akihabara, dove persino i cavi, cavi elettrici di ogni tipo, forma e dimensione, hanno negozi interamente dedicati. Il paradiso dell'elettronica e dell'otaku, tra pareti e pareti di action figures e ciclopici centri commerciali dell'high-tech a otto piani. Qui son tutti pazzi, sul serio.
Sayonara rattacci, il prossimo aggiornamento in un futuro prossimo: temo che nell'ostello a Nikko la connessione internet in stanza sarà pura utopia. E forse pure quella giù in sala.
lunedì 28 dicembre 2009
sabato 26 dicembre 2009
Konnichiwa!
Direttamente dall'Hotel Tateshina, Shinjuku Est, Tokyo, ecco il primo aggiornamento dei coniugi Ratto dal Giappone!
Siamo ancora piuttosto sballinati dal fuso e dal viaggio massacrante. Ieri sera siamo arrivati in Hotel verso le 23 (ore locali), usciti dalla stazione di Shinjuku mi è venuto il mal di testa: gente infinita abbigliata nei modi più disparati, tutto è fottutamente illuminato (e con tutto voglio dire tutto... ma i viaggiatori dello scorso anno sanno bene di cosa sto parlando...), il caos regna insomma, ma è un caos diverso da quello che infesta le metropoli europee, in un qualche strano modo è più ordinato, nonostante la quantità di persone che affolla le strade sia incommensurabile. Poi Hotel, obbligatoria tappa-rifocillamento in una tavola calda di Soba che già amo, e finalmente branda. A proposito della tavola calda di Soba San: appena entrati, si sceglie il piatto desiderato (grazie a dio c'è qualche figura, altrimenti, vista la totale assenza di traduzione, la scelta sarebbe completamente casuale), si infila il cash in una specie di distributore automatico e si ritira un bigliettino/ricevuta da consegnare al cuoco. Tempo neanche 5 minuti e la ciotola di soba fumante arriva al tavolo, accompagnata da un sottofondo musicale di rumorosissimi risucchi brodosi prodotti dai commensali. I love Japan!
Oggi abbiamo vagato per Shinjuku e Kabuki-cho, per poi concederci una passeggiata in tutto relax al parco Shinjuku-gyoen, tra una carpa gigante (e quanto cazzo sono grosse!) e una bibita da uno dei 6 miliardi di distributori sparsi per la città. Distributori di ogni, fottuta, cosa. Immagino che il parco in primavera sia qualcosa di indimenticabile, ma anche così fa la sua porca figura.
E, per concludere in bellezza la giornata, ascesa al 45° piano del Tokyo Government Building per una vista mozzafiato a 360° sulla città.
Stasera it's Sushi time, e domani sarà la volta di Shibuya, Harajuku e la sua fauna domenicale di cosplayers: ho idea che riempirò una SD da 4 giga (oggi accendo la reflex, scatto 3/4 foto, batteria scarica... mi son dovuto accontentare dei 3.2 megapixel del fedele iPhone).
Un japposaluto a tutti, al prossimo aggiornamento.
P.s. Dimenticavo: siamo stati in due sale giochi, la mia vita non sarà mai più la stessa.
Siamo ancora piuttosto sballinati dal fuso e dal viaggio massacrante. Ieri sera siamo arrivati in Hotel verso le 23 (ore locali), usciti dalla stazione di Shinjuku mi è venuto il mal di testa: gente infinita abbigliata nei modi più disparati, tutto è fottutamente illuminato (e con tutto voglio dire tutto... ma i viaggiatori dello scorso anno sanno bene di cosa sto parlando...), il caos regna insomma, ma è un caos diverso da quello che infesta le metropoli europee, in un qualche strano modo è più ordinato, nonostante la quantità di persone che affolla le strade sia incommensurabile. Poi Hotel, obbligatoria tappa-rifocillamento in una tavola calda di Soba che già amo, e finalmente branda. A proposito della tavola calda di Soba San: appena entrati, si sceglie il piatto desiderato (grazie a dio c'è qualche figura, altrimenti, vista la totale assenza di traduzione, la scelta sarebbe completamente casuale), si infila il cash in una specie di distributore automatico e si ritira un bigliettino/ricevuta da consegnare al cuoco. Tempo neanche 5 minuti e la ciotola di soba fumante arriva al tavolo, accompagnata da un sottofondo musicale di rumorosissimi risucchi brodosi prodotti dai commensali. I love Japan!
Oggi abbiamo vagato per Shinjuku e Kabuki-cho, per poi concederci una passeggiata in tutto relax al parco Shinjuku-gyoen, tra una carpa gigante (e quanto cazzo sono grosse!) e una bibita da uno dei 6 miliardi di distributori sparsi per la città. Distributori di ogni, fottuta, cosa. Immagino che il parco in primavera sia qualcosa di indimenticabile, ma anche così fa la sua porca figura.
E, per concludere in bellezza la giornata, ascesa al 45° piano del Tokyo Government Building per una vista mozzafiato a 360° sulla città.
Stasera it's Sushi time, e domani sarà la volta di Shibuya, Harajuku e la sua fauna domenicale di cosplayers: ho idea che riempirò una SD da 4 giga (oggi accendo la reflex, scatto 3/4 foto, batteria scarica... mi son dovuto accontentare dei 3.2 megapixel del fedele iPhone).
Un japposaluto a tutti, al prossimo aggiornamento.
P.s. Dimenticavo: siamo stati in due sale giochi, la mia vita non sarà mai più la stessa.
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giovedì 24 dicembre 2009
Japan, here we come!
Ebbene sì: dopo mesi di attesa sognante, i coniugi Ratto sono finalmente in partenza per la terra del Sol Levante!
Un buon tutto a tutti i Ratti della Terra, specialmente a quelli che di tanto in tanto bazzicano la Tana.
Tra i buoni propositi per il prossimo anno, quello di pubblicare con maggiore frequenza articoli & amenità varie sul blog, chissà che non si riesca a espandere, seppur in minima parte, il suo microscopico bacino d'utenza.
Arigato gozaimasu.
Re Ratto
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giovedì 10 dicembre 2009
Top 10 FAILS of 2009
Direttamente dal nostro affezionatissimo FAIL Blog, ecco a voi i 10 più epici fallimenti dell'anno. Enjoy!
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giovedì 3 dicembre 2009
Alice in Chains, Live in Milano, 2-12-09
Sono passate da poco le 21 quando le luci del Palalido si spengono e mi rendo finalmente conto che sto per assistere a un concerto che aspetto da circa 14 anni.
Impossibile per il sottoscritto esprimere un giudizio obiettivo sul miglior concerto dell’anno, impossibile assumere un atteggiamento distaccato mentre le note di Rain When I Die riempiono il palazzetto e fanno esplodere un urlo trattenuto per troppo tempo, impossibile non pensare a Layne Staley che non c’è e a Robert DuVall che invece c’è, eccome se c’è.
2 ore dense, tirate, 2 ore di rock nudo e crudo come non si sentiva da tempo, tanta musica e poca scenografia, tanta passione e gli immancabili problemi tecnici. Visto da lassù è uno spettacolo, laggiù in platea capelloni (e calvissimi ex capelloni) scatenano l’inferno.
Quasi tutto Black Gives Way to Blue (sempre più bello dopo ogni ascolto), quasi tutto Dirt (e quando attaccano Would? vorrei lanciarmici anch’io, là sotto), qualche capolavoro di repertorio (No Excuses, Man in the Box) pescato da Jar of Flies e Facelift. Il cane a tre zampe purtroppo ci regala solo un pezzo (Again), ma tant’è, ma proprio tanto.
Diciamocelo: lo scetticismo c’era, e tanto, tutto o quasi sulle spalle di DuVall, costretto a raccogliere un’eredità terribilmente pesante. Sono bastati 3-4 pezzi (e un paio di acuti da brividi lungo la schiena) per far ricredere anche i più accaniti detrattori del neo frontman. Essere Layne Staley è impossibile, un ottimo cantante no.
Voto 10 perché è stato esattamente come lo sognavo.
Di seguito la scaletta (thanks to Abo):
Rain When I Die
Them Bones
Dam That River
Again
Your Decision
Check My Brain
Love, Hate, Love
It Ain’t Like That
A Looking In View
Down in a Hole
No Excuses
Black Gives Way To Blue
Last of My Kind
Angry Chair
Acid Bubble
We Die Young
Man in the Box
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Lesson Learned
Would?
Rooster
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