Meridiano Zero
408 pagine, € 9,00
ISBN: 9788882371180
Yorkshire, 1974, inverno. L’inverno inglese, quello che rende la pioggia gelida come una lama di ghiaccio che penetra nella carne e nelle ossa. Edward Dunford, corrispondente di cronaca nera dello Yorkshire Post per l’Inghilterra del Nord, fiuta odore di scoop: nella cittadina di Morley una bambina di 7 anni scompare nel nulla, un caso che sembra avere molte analogie con altre due sparizioni avvenute negli anni passati. Altre due bambine, i cui corpi non sono mai stati ritrovati. Solo che, questa volta, il corpo di Clare Kemplay viene trovato, tra fango e detriti di un cantiere. Nudo, ricoperto di lividi, graffi e sangue, i segni di una violenza orribile, difficile da sopportare. E due ali di cigno cucite sulla schiena. Edward vuole la verità, ma la verità non sembra interessare affatto a gran parte delle persone con cui ha a che fare durante le indagini: colleghi, forze dell’ordine, politici più o meno influenti, più o meno corrotti. Una verità che, nonostante le resistenze, le minacce, le torture e gli omicidi, poco a poco viene a galla, trascinando con sé le scorie della violenza e delle menzogne che inquinano le relazioni sociali a tutti i livelli.
1974 è il terzo romanzo di David Peace in cui mi imbatto. In principio fu Tokyo Anno Zero, non proprio un esordio in discesa. Il primo capitolo della “trilogia giapponese” (di cui il Saggiatore ha di recente pubblicato la seconda puntata, disponibile anche in eBook) mi conquistò grazie alla scrittura densa, ossessiva, tesa a rendere su carta, appunto, ossessioni e alienazioni del protagonista, l’ispettore Mikami. Letta l’ultima parola posai il romanzo con la certezza che, prima o poi, avrei avuto nuovamente a che fare con lo scrittore inglese. Accadde qualche tempo dopo con Il Maledetto United, il miglior romanzo a tema sportivo che abbia mai letto. Il Brian Clough di Peace è entrato di diritto nella Hall of Fame dei miei personaggi letterari preferiti.
Primo capitolo del Red Riding Quartet, 1974 è anche il romanzo d’esordio di Peace, che gli valse sperticati elogi da parte della critica e il lusinghiero accostamento a James Ellroy: mica uno scribacchino qualunque. Ma io di Ellroy non ho mai letto nemmeno una riga e non so se l’accostamento sia azzeccato o meno. So solo che 1974 è un romanzo splendido e che merita tutta la fama che si è guadagnato.
La scrittura di Peace ha un grande pregio: ti si attacca alla pelle e non ti molla più. Leggete cinquanta pagine, e lo Yorkshire di Peace ve lo sentirete addosso: lo squallore dei sobborghi, il fango e l’asfalto, la puzza degli appartamenti in cui giovani marchettari concedono i loro servizi a vecchi bavosi con scroto e portafogli gonfi, l’umidità delle celle, i lividi lasciati dal manganello. E’ un cazzotto assestato lì dove fa più male, quando meno te lo aspetti. Anzi, magari te lo aspetti anche, ma, per quanto tu possa tirare gli addominali, l’effetto sarà sempre lo stesso: ti mozzerà il fiato.
La prosa asciutta e cadenzata ha la struttura del pensiero secco, rapido, scattante: la telecamera è sempre ben fissata sulle spalle del protagonista, i suoi occhi diventano subito i nostri. Edward Dunford, corrispondente di cronaca nera per l’Inghilterra del Nord, la cui ingenua ambizione e ossessiva ricerca della verità a ogni costo costerà la vita a più di una persona che incrocerà la sua strada. Una strada che il giovane cronista percorre senza curarsi di ciò che gli sta intorno: sbatte contro un muro dopo l’altro, si rialza, le ferite ancora sanguinanti, riparte, sbatte contro un altro muro, si guarda attorno con gli occhi tumefatti, si rialza. E così via. Il muro più alto, quello dell’omertà, è anche il più difficile da abbattere. Le macerie seppelliscono tutti coloro che cercano di ricavare una breccia nel cemento armato per intravedere ciò che si cela alle sue spalle: affari sporchi, appalti truccati, edifici costruiti sul sangue, silenzio e protezione comprati a peso d’oro, la corruzione dilagante. E la violenza sulle ragazzine come passatempo per chi può permettersi di comprare tutto. Benvenuti nello Yorkshire: qui non si salva nessuno. Qui siamo al Nord e chi comanda fa quello che gli pare.
I pregi del romanzo sono davvero tanti: stile, ambientazione, caratterizzazione dei personaggi, gestione dei tempi della narrazione. Forse Peace mette fin troppa carne al fuoco, e non c’è tempo per dare a ogni cosa il giusto peso: Edward va dritto per la sua strada, e noi con lui. Ma invece di star qui a fare le pulci ai pochissimi e trascurabili difetti, preferisco dirvi che, tra tante cose buone, c'è qualcosa di davvero ottimo: capitolo 10, da pagina 351 a pagina 368 di questa edizione. L’“interrogatorio” di Edward. 17 pagine di grande scrittura che vorrei riportare qui in forma integrale, se non fosse che mi si slogherebbero le dita e che vi rovinerei la sorpresa. E io non voglio rovinarvi la sorpresa: voglio che vi infiliate sciarpa e cappotto e che andiate in libreria a farvi un regalo. Dopotutto è pur sempre Natale no?
L'incipit
- Non capita mai niente, cazzo, se non quel cazzo di Lucky Luncan e un paio di cornacchie senza le ali, maledizione, - fece Gilman sorridendo come se fosse il giorno più bello della nostra vita.
Venerdì 13 dicembre 1974.
In attesa del mio primo articolo di prima pagina, con la firma e tutto, finalmente: Edward Dunford, Corrispondente di Cronaca Nera per l'Inghilterra del Nord; due giorni troppo tardi, cazzo.
Guardai l'orologio di mio padre.
Erano le nove del mattino e nemmeno uno di noi poveri stronzi era stato a letto; eravamo passati direttamente dal Circolo della Stampa a quell'inferno, con ancora addosso il puzzo di birra.
Nella sala conferenze della stazione di polizia di Millgarth, a Leeds.
3 commenti:
Ecco, lo sapevo, mi sono dimenticato l'incipit: aggiornerò la rat-censione al più presto.
Uh, come mi tenta.
L'unica cosa che un po' mi frena è che si tratti di una quadrilogia, e che se leggo il primo poi non riuscirei a smettere!
Tieni presente che 1974 è sì il primo capitolo di una quadrilogia, ma è anche praticamente autoconclusivo.
Quindi... falou... falou...
Posta un commento