Da una parte, Elvezio (E., correggimi se sbaglio) ha ribadito la sua personale esperienza di autore/diffusore impiratabile (yes, that’s really cool!) in quanto felicemente estraneo alla filiera industriale: lui i suoi scritti li diffonde gratuitamente in forma elettronica, sentendosi pienamente ripagato dal fatto di raggiungere il maggior numero possibile di lettori e proponendo un’interessantissimo concetto di scambio alla pari:
Raggiungere più persone per me è, senza nessun dubbio, più importante che cavarci fuori dei soldi.
E in realtà, nulla di tutto ciò è gratis.
Voi state già pagando un sacco quando leggete dei miei scritti.
Penso non tanto e non solo alle normali recensioni (che già comunque....) quanto piuttosto agli articoli lunghi contenuti nella sezione dossier. Quello riguardante il porno, per esempio. O quello sugli zombie, su Dantec, diamine, quello sul Nuovo Gotico del Sud!
Voi state già pagando!
E state pagando salato, ma di brutta!
Pagate in termini di minuti spesi a leggermi ed energia mentale spesa a digerire, assimilare e quindi magari anche commentare quel che ho scritto.
Quei minuti non ve li darà indietro mai più nessuno. Non li potrete più riguadagnare o barattare.
Per me è il punto centrale, questo.
Siamo pari.
Qui l’articolo completo.
Dall’altra parte, Davide rilancia e punta i riflettori su un altro fenomeno assolutamente centrale per comprendere a fondo lo stato attuale dell’editoria italiana: la pressoché totale inesistenza dello scrittore di professione.
Noi viviamo in un paese nel quale gli scrittori professionisti – quelli che scrivono per mangiare, pagare l’affitto, mandare a scuola i figli, non esistono. Andate a farvi un giro degli scaffali della libreria che preferite. Quanti autori italiani viventi vivono della propria scrittura? Sfogliate le loro bibliografie, e troverete:
insegnanti e docenti universitari, praticanti o in pensione
ricercatori universitari
professionisti
giornalisti
Spostandovi in certi settori, troverete anche attori e soubrette, comici televisivi, calciatori. Anche i più saldi nelle posizioni di “scrittori puri” fanno anche un altro lavoro – opinionisti per giornali e TV, traduttori.
Ciascuno di costoro – dall’Olimpo dove siede Umberto Eco alla stanzetta fredda nella quale io sto battendo sui tasti – ciascuno di coloro che scrivono (o vorrebbero scrivere) “scrittore” sui biglietti da visita, si mantiene facendo altro. Non sono professionisti. Sono dilettanti.
La riflessione prosegue e affronta altri problemi di grande rilevanza: qui il suo intervento in forma integrale.
Come molti di voi sanno, io lavoro in e per una casa editrice. Più precisamente, nell’ufficio marketing di una casa editrice.
Con questo intervento vorrei contribuire alla discussione affrontando l’argomento da un punto di vista un pochino più interno e, perché no, anche interessato.
Dal momento che per approfondire tutte le problematiche toccate da Elvezio e Davide dovrei stare in piedi la notte, e chi mi conosce sa bene che a me la palpebra cala presto (cazzo, son diventato vecchio), preferisco inserirmi nel dibattito imboccando solo una delle infinite strade possibili: quella che conduce alla visibilità di uno “scrittore” esordiente (povero illuso) italiano nel mercato attuale.
Ci tengo a riportare di seguito qualche dato tratto dal Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2009 (la sintesi del rapporto, che nella versione integrale costerebbe la follia di 25 euro, è consultabile e scaricabile qui). Perché è facile dire “in Italia si legge poco”, tutt’altra cosa è trovarsi di fronte ai numeri.
In Italia, nel 2008, i lettori di almeno un libro non scolastico sono il 44% della popolazione con più di 6 anni d’età. Di costoro:
- il 47,7% non legge più di 3 libri l’anno
- Il 13,2% ne legge uno al mese (circa 3,2 milioni di persone).
Converrete con me che si tratta di cifre ridicole.
A fronte di tale imbarazzante pochezza di “consumatori”, l’offerta si configura in questi termini: nel 2008, si sono dichiarate “case editrici” 10.335 società. Tuttavia, di costoro, quelli che hanno venduto almeno UN LIBRO, UNO SOLO, attraverso i canali trade (librerie, grande distribuzione ecc.) sono 2.600. Non ci vuole un genio per rendersi conto che più o meno 4 “case editrici” su 5 non pubblicano nemmeno un libro l’anno. Chi sono, Cosa fanno?, mi chiederete voi. Non lo so, spiacente. Resta il fatto che, da queste cifre, emerge, tra gli altri, un problema piuttosto grave di visibilità dell’opera.
Dal momento che, com’è normale che sia, l’offerente tende ad accontentare la maggior parte possibile dei consumatori, introducendo sul mercato prodotti che vadano incontro ai loro mutevoli gusti, e che, nel caso specifico dell’editoria italiana che, il bacino d’utenza è costituito da una percentuale ridicola della popolazione, la minoranza dei lettori, costituita da chi vorrebbe vedere, sullo scaffale “horror” (sempre che esista), qualcos'altro oltre alle streordinarie peripezie di pruriginosi adolescenti dai denti aguzzi, questa minoranza è, se mi passate il termine, pressoché fottuta.
Un conto è un mercato come quello statunitense, nel quale le case editrici, potendo far leva su un bacino d’utenza di ragguardevoli dimensioni, possono permettersi di accontentare ampie fasce di consumatori, dai gusti eterogenei, un conto è il mercato italiano, dove i lettori sono pochi e tendenzialmente attratti dalla moda del momento o dal nome di spicco.
Vero, molte case editrici, potendo contare su fenomeni letterari in grado di sollevarne improvvisamente le sorti, potrebbero (anzi, dovrebbero) osare di più: ne parlavo giusto un paio di giorni fa con abo a proposito del caso Marsilio Black. Fino a poco tempo fa Marsilio pubblicava, nella collana Black, autori (Will Christopher Baer, per esempio) molto interessanti, ma dal successo commerciale estremamente limitato. La collana fu costretta a chiudere. Poi piovve dal cielo il signor Stieg Larsson e Marsilio, dopo averlo spremuto per bene, si lanciò nel mercato immobiliare (sul serio). Ciononostante, nessuno pensò che forse sarebbe stato il caso di resuscitare Marsilio Black. E così il terzo capitolo della trilogia di Phineas Poe qui da noi non vedrà mai le stampe, e Marsilio si è giocata un potenziale lettore. Sono certo di non essere l’unico.
Dicevamo: nel migliore dei casi, escludendo quindi le grandi concentrazioni editoriali (su cui sarebbe utile aprire un discorso a parte), le case editrici accontentano le masse (se di masse ha senso parlare) per necessità di sopravvivenza in un mercato dalle ridicole proporzioni come il nostro. Si tende quindi a cavalcare il fenomeno del momento (vampiri oggi, mummie domani?) e, salvo rarissimi casi di lodevole spirito pionieristico, quantità e qualità dell’offerta precipitano verso insondabili baratri di mediocrità.
Consideriamo ora la situazione dal punto di vista di un aspirante scrittore nostrano, che offre il frutto delle sue fatiche a una serie di case editrici. Nell’improbabile caso che qualcuna accetti di pubblicarlo, si troverà di fronte a una situazione tutt’altro che rosea: il suo romanzo verrà sì stampato e esposto sugli scaffali delle librerie, ma in una quantità di copie ridicola (in Italia la tiratura media di un libro è di circa 4.000 copie. Sì, avete letto bene, 4.000) e a un prezzo esorbitante (eh, la casa editrice dovrà pur coprire i costi!). Risultato: fatta eccezione per geniali capolavori (ve ne ricordate qualcuno per caso?), poderose leccate di culo o massicce campagne di marketing preventivo che fanno leva sul fenomeno del momento, il giovane autore venderà pochissimo e il suo guadagno sarà prossimo allo zero.
E qui arriviamo al discorso e-distribuzione gratuita: a tutti costoro, che vorrebbero avere l’opportunità di rivolgersi a un pubblico che, per tutti i motivi sopra elencati e altri ancora, sono pressoché impossibilitati a raggiungere, la distribuzione gratuita della loro opera in forma integrale (e non quelle cazzo di 10 pagine che ti regalano tutti) farebbe enormemente bene. Al lettore giudicare la bontà della sua opera. E sarebbe un toccasana anche per gli editori, che potrebbero avvalersi di un palcoscenico altamente democratico come la rete per far coincidere domanda e offerta senza dover passare dai costosi canali tradizionali, ampliando di conseguenza le loro prospettive future. Io sono sicuro al 99% che, come conseguenza, magari non immediata, le vendite in libreria aumenterebbero. Ci guadagna lo scrittore, che forse, un giorno, potrebbe veramente guadagnarsi da vivere grazie alla sua passione, trasformandola in un lavoro onestamente retribuito; ci guadagna l’editore, che avrebbe l’opportunità di saggiare il terreno dei lettori per cercare di applicare politiche editoriali meno soggette al trend del momento; e, cosa più importante di tutte, ci guadagna il lettore, stanco di essere preso per il culo da un mercato che offre in media prodotti qualitativamente pessimi a costi decisamente eccessivi. E ne ho viste (e soprattutto lette) di cose...
Vogliamo spingerci oltre? Io dico che, in un momento di interregno come questo, la distribuzione gratuita online farebbe bene a tutti gli scrittori, anche a quelli affermati, italiani o stranieri che siano. Ma vi assicuro che l’avidità non è prerogativa solo delle case editrici: oggi ho sentito di un autore che, per concedere i diritti di pubblicazione della versione elettronica di un suo romanzo, pretendeva che il prezzo di vendita al pubblico non fosse inferiore al 65% di quello dell’edizione hardcover.
Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia. O forse no.
IL FESTIVAL DELL'ADDENDA
Sulle pagine del suo blog, Valentino Sergi propone un'altra importante riflessione sull'argomento.
Di qualche giorno fa è invece questo post del Duca Carraronan, Guardia di Porta di Baionette librarie, riguardo al prezzo di "copertina" degli eBook. Ne emerge uno scenario sorprendente, che apre prospettive molto importanti.
E ancora: nuovo post del Duca Carraronan sull'argomento eBook.
La questione si fa sempre più interessante.
RASSEGNA STAMPA
"Il libro, questo sconosciuto." (la Repubblica, 17 febbraio 2010)
30 commenti:
Aggiungi una terza faccia alla medaglia e te ne sono molto grato.
Anche se ora mi hai messo la scimmia curiosa sulle spalle: che cavolo fanno tutte quelle case editrici che non pubblicano libri?
Ti linko nell'addenda, qualsiasi cosa voglia dire...
Non avrei mai pensato di poter dire, un giorno: ebbene sì, sono stato linkato in un'addenda!
Riguardo alle case editrici fantasma, ti assicuro che, non appena scoprirò i motivi della loro esistenza, sarai uno dei primi a saperlo!
Per capire meglio ha valore citare le Case Editrici (o una cooperativa come nel caso di quella in cui lavoro io) che pubblicano testate e non libri? Oppure è la stessa cosa?
@ Geek: immagino (spero) di sì, altrimenti la cosa si fa piuttosto inquietante...
@ Elvezio: dimenticavo una cosaimportante.
Nel tuo intervento affermi quanto segue:
"Nel caso in cui un editore non ci stia (a diffondere gratuitamente l'opera integrale, N.d.R.), diffonderò in Rete il testo originale. Quello pre-intervento di editor, correttore di bozze, impaginatore, grafico e altro ancora."
Purtroppo temo che, da un punto di vista legale, la cosa non sia possibile: come sappiamo, in un contratto standard lo scrittore cede i diritti di pubblicazione della sua opera sia in forma cartacea sia elettronica, indipendentemente dai successivi interventi redazionali.
Di conseguenza, diffondere online il testo "grezzo" equivale a diffondere illegalmente la versione definitiva.
Tutto questo, ovviamente, salvo accordi particolari tra autore e committente: penso al caso Wu Ming, i cui libri vengono messi gratuitamente a disposizione di tutti, in forma elettronica, anche se parecchio tempo DOPO la pubblicazione cartacea.
Non mi metto nemmeno a discutere su quale possa essere la strategia migliore per incrementare vendite e letture. Non ne so abbastanza e ho le idee parecchio confuse.
Però un dato del tuo post mi ha davvero colpito:
in Italia in un anno si vendono (o meglio, si leggono) circa 82,5 milioni di libri all'anno.
82.500.000 libri, in un anno. A me non sembrano così pochi.
Tieni presente però un dato importante che riguarda la distribuzione: i lettori cosiddetti "forti", lo zoccolo duro del mercato, sono il 14% della popolazione.
Questo 14% della popolazione genera DA SOLO il 41% delle vendite.
Insomma, quasi la metà dei libri venduti in un anno si concentrano nelle mani del 14% degli italiani.
Sono cifre deprimenti.
Ratto...
Sarebbe interessante determinare quale sia la percentuale di somiglianza fra testo grezzo pre editing e testo raffinato post editing che può mettermi al riparo da azioni legali.
Ovvero, se io scrivo 200 parole e l'editore ne corregge per il 20%, il mio testo iniziale equivale al testo finale oppure sul primo, differente per il 20%, ho tutti i diritti che voglio?
Non che mi importi più di tanto in quanto moralmente, non essendoci lavoro di altri, mi autoassolvo e lo distribuisco lo stesso (posso sempre dire che l'ho fatto leggere a tante persone e chissà chi l'ha messo sul mulo), ma è questione interessante, se c'è qualcuno che è in grado di rispondere...
Credo che, nel momento in cui tu cedi i diritti di pubblicazione del tuo testo, li cedi in toto. Anzi, ne sono quasi certo.
In pratica, tu vendi il tuo testo grezzo all'editore: da quel momento in poi solo lui è autorizzato a diffonderlo. Temo che la "percentuale di somiglianza" non abbia alcun valore.
Questo da un punto di vista strettamente legale, of course.
Se guardi il bicchiere mezzo vuoto sono cifre estremamente deprimenti.
Ciò non toglie che più di 82.000.000 di libri letti in un anno non mi paiono un dato da bancarotta.
(che poi a livello percentuale non credo che, chessò, gli stati uniti se la passino meglio. O mi sbaglio?)
Riguardo al divario tra lettori forti e non, un dato che mi sembra interessante.
Non sono riuscito a trovare dati più recenti, ma circa un anno fa su 300 mila iscritti ad aNobii nel mondo, circa un terzo era italiano. Considerato che il nostro paese ha un'età media molto elevata, e che difficilmente un over 50 appassionato di libri è anche attivo in rete, si tratta di una cifra spaventosa, che riflette quanta voglia e quanto interesse ci sia da parte dei lettori forti a cercare o condividere informazioni su ciò che leggono.
Parliamo però di una minoranza non troppo rappresentativa, ed è qui che nasce il problema.
@ Iguana: il dato in sè sarebbe anche buono, però, quando si va a esaminare la situazione più nello specifico, si assiste a uno scenario in cui pochissimi generano quasi la metà del fatturato. Purtroppo è sempre lì che si va a finire: in Italia la percentuale di lettori (e con lettori non voglio includere quelli che leggono meno di 3 libri l'anno) è molto bassa.
@ abo: dato interessantissimo che, come giustamente sottolinei, evidenzia ulteriormente il problema. In Italia i lettori forti ci sono, leggono tanto e, soprattutto, contribuiscono attivamente alla diffusione della cultura.
Purtroppo per gran parte della popolazione la lettura è un'attività inesistente.
Ciao, sono Jacopo di Marsilio,ai tempi curatore della defunta collana Marsilio Black. Mi permetto di intervenire in quanto chiamato direttamente in causa. L'esperienza di Black - fondata sulla scomessa di pubblicare noir atipici, sperimentali e "d'avanguardia" - si è purtroppo chiusa perché così hanno decretato i lettori: semplicemente, non ce n'erano abbastanza per giustificare la pubblicazione di quei libri. Ma diversi autori già usciti o originariamente pensati per Black sono confluiti nelle Farfalle (Franco Limardi, Stella Duffy, John Ajvide Lindqvist, Serge Quadruppani). Non è stato il caso di Baer, da me personalmente molto apprezzato, perché soprattutto il suo secondo romanzo ha avuto in libreria esiti disastrosi. E se non c'è un pubblico interessato, continuare a pubblicare un autore non ha senso, a prescindere dal fatto che si abbiano in catalogo altri titoli che vendono molto o meno.
Non mi pare comunque che in Marsilio ci siamo appiattiti sui best-seller. Al posto di Black abbiamo aperto un'altra collana per certi versi analoga, sperimentale e di ricerca, Marsilio X, non di genere e votata alla ricerca di nuovi autori e scritture innovative. Lì abbiamo pubblicato e continuamo a pubblicare libri e autori tutt'altro che "facili" e scontati, e anche in questo caso facendo spesso molta fatica a imporli su un mercato come quello editoriale italiano assai difficile, ristretto e distratto. Penso per esempio a "Supervita" di Marco Bacci (definito da Tiziano Scarpa il miglior romanzo cyberpunk italiano), a "Montezuma airbag your pardon" di Nino D'Attis, o anche a "Pan" di Francesco Dimitri, che è probabilmente il più originale e bello romanzo fantasy mai scritto da un autore italiano, e che tuttavia pur non essendo andato malissimo aveva e ha potenzialità ben maggiori.
Non che "la responsabilità" - se così vogliamo chiamarla - sia solo dei lettori, intendiamoci, anche critici e giornalisti da noi a parte svariate lodevoli eccezioni sono spesso assai poco curiosi e attenti alle nuove proposte. Questo per dire che la voglia di sperimentare e rischiare da parte degli editori - o almeno di alcuni di loro, sicuramente di Marsilio - c'è sempre, ma se i riscontri mancano insistere in certe direzioni diventa vocazione masochistica.
E secondo me, ora che c'è Internet, soprattutto i lettori hanno una grande opportunità e responsabilità in più, quella di farsi carico dei libri e degli autori che hanno amato, di adottarli e sostenerli, usando tutti i mezzi che la rete offre di scatenare un passaparola, per provare a evitare che, caduti nell'indifferenza generale, i loro editori si trovino nell'impossibilità di continuare a pubblicarli.
Sono dati veramente desolanti. E' una sorta di maleducazione clamorosa. Secondo me la gente che non legge neanche si rende conto di cosa si perde. Ci vorrebbe una campagna geniale che ne facesse comprendere la bellezza e l'importanza. Oppure una legge. Obbligatorio leggere almeno 10 libri all'anno. Con verifica finale. Pena: oscuramento dei canali dove fanno i reality show. Alla fine del primo anno i reality sarebbero scomparsi. Due piccioni presi
Ciao Jacopo, benvenuto, è veramente un piacere poter discutere con te, chiamato direttamente in causa dal mio post, su queste pagine.
Hai sollevato alcune questioni veramente molto importanti, un perfetto esempio di come, grazie al mercato dell'eBook, potrebbero aprirsi scenari inediti, con conseguenze di grande portata.
In questo momento purtroppo sono in ufficio e non posso dedicare al tuo intervento l'attenzione che merita: prometto che sarà una delle prime cose che farò non appena rientrato a casa.
Intanto, ti ringrazio moltissimo per il tuo prezioso contributo.
@Jacopo: ho letto "Montezuma" e "Pan", Masterson, Baer, Carabba, e devo dire, senza piaggeria, che li ho trovati tutti a loro modo interessanti, quindi rispetto molto il lavoro che avete fatto.
"Supervita" poi è nella mia wishlist.
Peccato per "Hell's Half Acre", se ci avete messo una pietra sopra non mi resta che leggerlo in lingua originale. Se mai vi venissi la voglia di rischiare, io e Re Ratto due copie vendute ve le assicuriamo.
Una domanda: mai pensato, per titoli come questo, al print on demand?
Nuovo post del Duca Carraronan sul tema "diffusione e prezzo degli eBook":
http://www.steamfantasy.it/blog/2010/02/19/ebook-vendite-usa-2009-sondaggio-tra-i-lettori-e-acquisti-con-donazione/
La faccenda si fa sempre più interessante.
Per quanto mi riguarda (pur non occupandomi più di recensioni di prodotti italiani) voglio testimoniare la grande validità di molte delle offerte Marsilio (anche nei suoi titoli più "commerciali") e n on ho mai nascosto una certa partigianeria per questa casa, a partire dagli ottimi lavori di Nino. Ce ne fossero...
Grazie ovviamente per i complimenti.
Quanto al terzo Baer (che comunque devo confessare mi era piaciuto meno degli altri due), il problema è che i costi maggiori non sono tanto quelli di stampa, quanto anticipo e traduzione, dunque print on demand e ebook non risolverebbero il problema.
In futuro, comunque, se come pare nei prossimi anni gli ebook si affermeranno davvero, vedremo come cambierà il mercato e che nuove opportunità aprirà.
Eccomi qua.
Allora, da dove iniziare: innanzitutto ringrazio tutti per i preziosi contributi, davvero, la discussione si fa sempre più stimolante e apre scenari di grande interesse.
E ora, Jacopo, a noi due :-)
Non sono un grande lettore Marsilio, più per caso che per scelta. Ho comunque avuto modo di apprezzare, e non poco, sia Baer (ma questo l'avevi già capito), sia Larsson, senza dubbio di gran lunga superiore alla media dei giallisti/thrilleristi nordici (e non) che oggi affollano le librerie. Questo per farti capire, anche se credo non ce ne sia bisogno, che ho citato il caso Marsilio Black non certo per attaccare Marsilio in particolare (che, a quanto mi dicono persone di sicura fiducia, continua a pubblicare autori molto interessanti accanto ad altri di facile successo, penso in particolare a Nino D’Attis), quanto come caso esemplare di una situazione sintomatica dell'editoria italiana.
Non nutro alcun dubbio sul fatto che la chiusura della collana sia stata in un certo senso una scelta obbligata: il fatto che un Baer si sia rivelato un clamoroso flop non è certo una sorpresa, anzi, credo che fosse un fallimento commerciale in un certo senso ampiamente prevedibile.
Vorrei però prendere spunto da qualche passaggio del tuo importante intervento per ricollegarmi al discorso eBook & affini, in particolare quando affermi che “l'esperienza di Black [...] si è purtroppo chiusa perché così hanno decretato i lettori: semplicemente, non ce n'erano abbastanza per giustificare la pubblicazione di quei libri."
Non ce n’erano abbastanza. Ora, io non so quanto abbia venduto "Baciami Giuda", posso azzardare un’ipotesi (4/5000 copie?), né quanto chieda Baer di anticipo (chissà, magari è terribilmente, e senza alcun motivo aggiungerei, esoso). Mi chiedo però una cosa: siamo proprio sicuri che non ci sono abbastanza lettori per giustificarne la pubblicazione? Non è che, forse, questi lettori ci sono, ma nessuno si è mai preso la briga di andare a, se mi passi il termine molto adatto a questo non-luogo che è il presente blog, stanarli? Che, in definitiva, non siate (e con “siate” non intendo voi in particolare, quanto voi/noi in generale) stati capaci di raggiungerli efficacemente, né di offrire loro il prodotto nel modo più adatto?
Lavorando nell’editoria, mi rendo perfettamente conto di quanto costa pubblicare un libro, figurarsi mantenere un’intera collana in perdita. E, occupandomi di marketing, mi rendo ancora più conto di quanto sia difficile (salvo ovviamente i libri che si vendono da soli) elaborare una strategia efficace che consenta di far incontrare la domanda e l’offerta.
(Fine prima parte: il conteggio caratteri è tiranno!).
Seconda parte:
Però, però. Gli scenari stanno cambiando, e non poco. Più avanti nel tuo intervento dici che “ora che c’è Internet i lettori hanno una grande opportunità e responsabilità in più, quella di farsi carico dei libri e degli autori che hanno amato, di adottarli e sostenerli, usando tutti i mezzi che la rete offre di scatenare un passaparola, per provare a evitare che, caduti nell'indifferenza generale, i loro editori si trovino nell'impossibilità di continuare a pubblicarli.”
Verissimo. Però, allo stesso modo, anche gli editori hanno una grande opportunità e responsabilità in più: quella di farsi carico sia dei libri sia dei lettori che li hanno sostenuti (e anche di quelli che, per un motivo o per l’altro, non lo hanno fatto), di adottarli e sostenerli, usando tutti i mezzi che la rete offre per scatenare un passaparola, per provare a evitare che questi lettori si trovino nell'impossibilità di continuare a leggere gli autori che amano.
Ora, e qui mi rivolgo a voi, Marsilio, in particolare: è fuor di dubbio che, con Larsson, abbiate trovato la gallina dalle uova non d’oro, ma di platino.
Perché allora non azzardare? Perché non vendere, per esempio, i libri di Baer online, in forma di eBook, a, mettiamo, 5 euro? O anche meno? Ok, magari è un suicidio commerciale (che, parlando francamente, credo possiate permettervi, anche in considerazione del fatto che una parte non trascurabile dei costi verrebbe immediatamente abbattuta). Ma non ne sarei tanto sicuro. Hai dato un’occhiata agli interventi del Duca su Baionette librarie? Mi riferisco in particolare al caso Konrath. Siete veramente sicuri che vendere l’eBook di "Hell's Half Acre" a prezzo molto contenuto sarebbe un esperimento fallimentare? E se per caso non lo fosse? Io credo che la cosa potrebbe avere sviluppi sorprendenti, magari non al primo tentativo, ma al secondo o al terzo sì. Forse Marsilio Black potrebbe risorgere, e forse i lettori potrebbero decretarne una nuova fortuna.
Ciao, faccio la prima comparsa da queste parti grazie alle segnalazioni di quei due pisquani di Davide e di Elvis.
Testimonio sulla bontà delle pubblicazioni Marsilio, e in particolare Marsilio X. Supervita di Marco Bacci è il più bel libro di fantascienza (e oltre) italiano dell'ultimo decennio. O perlomeno, è quello che la fantascienza italiana dovrebbe essere.
E lancio una provocazione: ma se questo dato del 14% della popolazione che legge libri fosse semplicemente una conseguenza dei tempi? Il teatro si è ristretto a una nicchia, ma esiste, chiaro che ci saranno ampie fasce di persone che mettono piede a teatro solo se compare un comico di Zelig. La letteratura richiede impegno e abitudine, idem, ma vive e prospera - ogni anno alla Fiera del Libro di Torino mi chiedo cosa ci stiano a fare tutti quegli editori, se la situazione è così tragica. Oggi il medium più diffuso è l'audiovisivo, cinema, ma a prescindere dalla visione in sala, e quello raggiunge praticamente il 100% della popolazione, anche i più analfabeti si fermano a guardare un film. Tra qualche anno, magari, anche il cinema 2D sarà una nicchia. Where's the problem?
Sulla diffusione sul web non ho nulla da aggiungere di significativo, ma vi leggo con piacere!
Fulvio
Ciao Fulvio, e benvenuto in mia Tana.
Il fatto che la percentuale di popolazione leggente sia così misera è chiaramente indice delle preferenze degli italiani in termini di intrattenimento culturale e non. E qui, come giustamente sottolinei, purtroppo non c'è moltissimo da fare. Certo, con politiche scolastiche e culturali più lungimiranti, probabilmente qualcosina potrebbe smuoversi, ma non credo più di tanto. Alla maggioranza degli italiani non piace leggere, punto. Mi dispiace per loro, non sanno cosa si perdono.
Quello che mi deprime veramente è, da un lato, il progressivo appiattimento dell'offerta su livelli qualitativi spaventosamente mediocri, dall'altro, la scarsissima propensione al rischio da parte delle case editrici nostrane, troppo occupate a scovare un nuovo, improbabile Stieg Larsson per accorgersi che si sono lasciate scappare un Ketchum di passaggio (un inchino a Gargoyle Books), e infine, dall'altro ancora, una terribile consapevolezza: che l'editore italiano medio non saprà cogliere l'importantissima occasione che il nuovo mercato dell'eBook gli offre, anzi, gli sbatte dritto in faccia. Scommettiamo che gli eBook (con DRM, of course) si attesteranno su una fascia di prezzo tra i 9 e i 12 euro? Anzi, tra i 9,90 e i 12,90? Errore che potrebbe costare molto caro a un sistema già estremamente fragile.
Sulla proliferazione indiscriminata degli editori in un mercato tanto limitato come il nostro, ti assicuro che per me rimane uno dei più insondabili misteri.
Gli editori non coglieranno il treno dell'ebook? Peggio per loro, è selezione naturale. Non li senti gli urli agonizzanti dei dinosauri-major? L'era del Contenuto Unico Unificante è finita :)
Un saluto!
Su Baer: innanzitutto, oggi in Italia vendere 4-5.000 copie di un libro è già un ottimo risultato; Baer se non ricordo male aveva venduto sulle 2.000 col primo e 1.000 scarse col secondo. Ovviamente può anche darsi che i lettori ci fossero e non si sia riusciti a raggiungerli, ma non avendo idea di cosa fare di diverso per raggiungerli il risultato non cambia, e poi c'era il trend negativo (il secondo libro che vende molto meno del primo) a sconsigliare di proseguire.
Io credo che l'ebook in un futuro magari anche molto prossimo aprirà davvero nuovi scenari e opportunità, ma oggi non è ancora così almeno in Italia. Non c'è ancora un pubblico, non ci sono vere piattaforme di distribuzione. Probabilmente durante quest'anno cominceremo a vederlo muovere i primi veri passi, ma quanto lontano porteranno nell'immediato, e in che direzione andranno, credo sia ancora molto difficile dirlo.
Ottimo post, grandi e istruttivi commenti - ma com'è che qui ci sono tutti gli intellettuali mentre su strategie evolutive continuo a bannare troll e neonazisti?
Comunque, per abbassare l'eccessivo livello intellettuale della discussione, provo a rispondere alla sua provocazione di Fulvio Gatti.
Se quel 14% è una conseguenza dei tempi, perché in Italia sì ma nel mondo anglosassone, in Francia, Spagna o Giappone (per citare casi dei quali ho dati alla mano) no? Perché in quei paesi non si riscontra la stessa contrazione?
Eppure il cinema e la TV ce li hanno anche loro.
Tempi sì, quindi, ma anche cultura nazionale - o inaridimento/banalizzazione della medesima.
Ah... e, Fulvio, sorvolerò sul fatto che tu mi abbia definito pisquano, ma non sul fatto che tu abbia citato a sproposito la selezione naturale.
@ Marsilio X: numeri che devono far riflettere, e molto. Il fatto che in Italia un sellout di 4/5.000 copie sia considerato un buon risultato è un dato preoccupante.
Sul discorso eBook, invece, sono parzialmente d'accordo con te: frequentando vari forum e blog mi sono reso conto di quanto vertiginosamente stia crescendo il numero di potenziali acquirenti, o per lo meno di persone seriamente interessate all'argomento. Ovvio, siamo ancora ben lontani dal poter parlare di un mercato "alternativo" rispetto a quello libresco, ma credo che qualche esperimento potrebbe dare risultati più interessanti di quanto si possa pensare.
@ Davide: benvenuto! Se vuoi dirottare qualche troll da queste parti no problema, non ho ancora avuto il piacere di bannare qualcuno dalla Tana! E poi, effettivamente, il livello di questa discussione sta lievitando troppo, urge un drastico ridimensionamento delle ambizioni.
Sul famigerato 14%, perfettamente d'accordo con te: problema di cultura nazionale più che conseguenza dei tempi.
ONestamente non credo che in Italia si legga poco. Penso per esempio alle librerie on line, da IBS a BOl ad Amazon. Penso soprattutto a quest'ultima. Ovunque mi giri trovo persone che fanno casse di ordini via internet, soprattutto nel mercato estero, dove l'offerta è più variegata e libera dai limiti di censura e ignoranza che spesso pervadono le nostre librerie.
C'è una marea di libri non tradotti e reperibili solo all'estero.
Le librerie in Italia sono assolutamente una identica all'altra, poche hanno libri diversi dal "must" imposto.
E le case editrici.. non so quanto bene posso fare loro la scelta di pubblicare cani e porci, senza un pensiero alla qualità e al tipo di cultura che propongono.
Ciao Occhi di Notte, e benvenuta in mia Tana.
Sai, a prima vista è vero, non sembra che l'Italia sia un paese in cui si legge così poco. Le librerie sono sempre mediamente affollate (almeno qui a Milano), in giro si vede molta gente con un libro in mano o nel taschino, il giro d'affari delle librerie online è in costante crescita.
Purtroppo poi ci si scontra coi freddi e impietosi dati, le odiose statistiche, e il ritratto è inesorabilmente sempre lo stesso, anno dopo anno: più della metà degli italiani non legge nemmeno un libro l'anno. Le cose, ahimè, stanno così.
Riguardo alle scelte editoriali delle case editrici, io rimango sempre dello sesso parere: meglio che la gente legga schifezze (fino a un certo punto) piuttosto che non legga affatto. Questo non significa però che ci si debba sentire autorizzati a pubblicare ogni porcata che passa, solo perché in questo o quel momento l'argomento "tira": diciamo che servirebbero programmi editoriali più bilanciati, in modo da poter accontentare il maggior numero possibile di lettori, altrimenti costretti a rivolgersi al mercato estero.
Per chi fosse interessato ai numeri, ho aggiunto in coda al post il link a un più che esplicito articolo apparso circa una settimana fa sul sito di Repubblica.
Credo che i numeri parlino da soli: in Italia pochi leggono molto, molti non leggono nulla.
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