Come sapete mi occupo di marketing editoriale: inevitabile che, quando entro in libreria, il mio sguardo saetti qua e là tra gli scaffali alla ricerca di qualche spunto per il mio lavoro. Dal momento che, generalmente, in libreria vesto i panni del lettore, della vittima dell'altro me, ne farei volentieri a meno, ma è un riflesso condizionato, non posso farci nulla.
Tra gli strumenti di noi marketingari che, come lettore, ho sempre odiato più di tutti ci sono le fascette. Quelle orribili strisce di cartoncino flessibile giallo che soffrono di ipetrofia esponenziale (ormai non ne esiste una che sia alta meno di dieci centimetri) e che di solito riportano orrende frasi di stampa estrapolate da chissà quale recensione/marchetta o le più classiche leccate di chiappe del compagno di merende di turno (sospetto che alcuni scrittori lo facciano come secondo mestiere, tipo che la mattina scrivono romanzi, il pomeriggio fascette). O, ancora, sulla rassicurazione dovuta al successo condiviso: UN MILIARDO DI COPIE VENDUTE, VENTI EDIZIONI IN TRENTA SECONDI! Roba da starci ad almeno 10 metri di distanza.
Stamattina mi sono recato in una delle tante librerie Feltrinelli di Milano. Per la cronaca, ho acquistato Cattedrale di Raymond Carver e L'uomo che cadde sulla terra di Walter S. Tevis, entrambi in edizione tascabile. Il primo nella nuova edizione BEAT (quella Minimum Fax è ormai introvabile) riporta in copertina una frase di Rushdie (“Leggetelo. Leggete ogni cosa che Carver ha scritto”), e va bene, ci può stare. Il secondo, meglio ancora, nulla (ma copertina e veste grafica sono davvero orrende).
So far, so good: avrete capito che il motivo di questo post è altro. Difatti, mentre mi aggiravo tra gli scaffali alla ricerca dell'irreperibile 1974 di David Peace (Caro Signor Meridiano Zero, mi piacerebbe tanto iniziare la lettura del Red Riding Quartet da principio, lo ristampiamo per favore? Altrimenti, glie lo dico subito, me lo scarico da Gigapedia in lingua originale) mi è cascato l'occhio sulla nuova edizione Oscar Mondadori di Orgoglio e pregiudizio. Sulla copertina, in bella vista, campeggiava un bollo rosso con il seguente slogan:
I LIBRI PREFERITI DI BELLA E EDWARD (gli altri due, a quanto pare, sono Romeo e Giulietta e Cime tempestose).
Confesso di averci messo qualche secondo a realizzare chi sono Bella e Edward. Siamo passati al livello superiore: spacciare letteratura al chilo facendo leva sui consigli di lettura di personaggi immaginari. Anzi: sulle pulsioni erotico-romanticheggianti di due vampiri sessualmente repressi.
Sono rimasto indietro, urge un corso di aggiornamento professionale.
Smaltito l'attacco di vertigini, mi dirigo verso la cassa quando, senza alcun preavviso, il mio sguardo viene repentinamente stuprato da una di loro, le odiatissime Fascette Gialle. Il libro in questione è uno qualsiasi dei tanti polpettoni seriali Garzanti per pruriginose sciùre troppo snob per sporcarsi le mani con un Harmony qualunque, che Garzanti è pur sempre Garzanti! L'orrenda striscia gialla è talmente intasata di testo da risultare praticamente illeggibile. In cima, uno degli slogan più ridicoli dell'anno:
UNO STRAORDINARIO CASO EDITORIALE, UN VERO SUCCESSO SPONTANEO DOVE A COMANDARE SONO I LETTORI.
Ma davvero? E allora ditemi, se è così tanto spontaneo, a cosa serve questa fascetta? Lo capite che questa frase non ha alcun senso?
Sotto a tale capolavoro di strategia pubblicitaria, non poteva certo mancare l'Autorevole Parere del D'Orrico di turno. E infatti scopriamo subito che quello che teniamo tra le mani è “un romanzo ricco di emozioni e splendide ricette” e che “se fosse una torta, sarebbe una apple pie delicata e dolce fuori, scottante e speziata al suo interno.” Pergiove, chi sarà mai questo giovane e rampante critico letterario capace di tali accostamenti letterario-culinari (aka "culetterari")?
Benedetta Parodi (Cotto... e mangiato!).
Mica Salman Rushdie eh.
13 commenti:
Oh, cribbio, come faccio a commentare un post del genere. Hai toccato il mio personaggio preferito. Il personaggio che la televisione ancora non ha capito sino in fondo: Benedetta Parodi. Una genia (si dice?)
Maledetto Re Ratto:-)
A parte gli scherzi... in libreria vado direttamente agli scaffali con i tascabili. Non ci sono fascette di mezzo. Per fortuna ho le idee chiare su come investire le mi serate quando non esco:-)
Ps. :-)
Bel post, ottime osservazioni.
D'altra parte, se parliamo di Oscar Mondadori, parliamo di quelli che avevano ristampato 1984 di Orwell con la fascetta (sì, sì, la fascetta) "il romanzo che ha ispirato Il Grande Fratello".
E se t'indigni cosa ti rispondono?
Beh, così almeno gente che non leggerebbe i classici, li legge.
Però io vorrei un romanzo di vampiri adolescenti che abbiano come preferiti Sulla Strada di Kerouac, Tutti a Zanzibar di Brunner e Paris, Texas, di Shepard.
Così, per vedere...
Che poi guarda, se queste strategie di marketing servissero davvero ad avvicinare i giovani alla letteratura, forse mi verrebbe fin da sostenerle, o quantomeno da sopportarle.
Peccato che, in media, il lettore tipo di Twilight arrivi sì e no a pagina 10 di Cime tempestose, poi torna inevitabilmente ai suoi emaciati pseudovampiri.
A costui della letteratura non glie ne potrebbe fregare di meno: libri, film, musica, è tutto lo stesso brodo, basta che parli ai suoi ormoni impazziti, la forma è assolutamente secondaria.
Però intanto Orgoglio e pregiudizio l'ha comprato: che poi lo legga è tutto un altro paio di maniche, sicuramente non quelle dei Signori del Marketing, che hanno incassato altri 10 euro.
Tutto piuttosto ridicolo, non c'è che dire.
Con una punta di cinismo si potrebbe però aggiungere che gli stessi meccanismi si ritrovano un po' in tutti gli ambiti.
Per vendere un prodotto c'è bisogno di un'esca. E che ci piaccia o no, anche i libri sono un prodotto, no?
abo
Il fatto è che, nonostante le mie crociate digitali, sotto sotto resto un sentimentale, e NO, il libro NON E' un prodotto come gli altri.
Cribbio!
Lasciatemi sognare ancora per stasera, che domani mattina devo tornare a spacciare libri al chilo agli emo...
Non bisogna confondere l'oggetto con il suo contenuto.
Il romanzo - che poi sia fatto circolare come libro o come rotolo di pergamena o come elettroni, non importa - non è un prodotto.
È un'opera dell'ingegno umano.
Sono troppo vecchio per dire che è arte, ma è comunque qualcosa che sfugge alle logiche del prodotto.
Percepirlo e venderlo come tale è parte del problema dell'editoria nazionale - pensano al contenitore, non al contenuto.
Non ci consola che molti lettori abbiano cominciato a pensarla uguale.
C'è una cosa che mi lascia sempre molto perplesso, quando sento i Guru del Marketing, il cui unico scopo è ovviamente quello di vendere il prodotto-libro, dire cose di questo tipo: "Se il bestseller è bestseller è perché è ciò che vuole il pubblico. Noi diamo al pubblico ciò che vuole."
Falso: nella maggior parte dei casi il grande pubblico vuole ciò che noi gli diciamo che deve volere.
Il 90% dei bestseller sono costruiti a tavolino, da capo a piedi.
Se il grande editore decide che il tale romanzo dovrà vendere, poniamo, 50.000 copie, e investe soldi ed energie per convincere la rete vendita e i librai che le venderà, beh, state certi che molto probabilmente le venderà, indipendentemente dal contenuto.
Basta piazzare un bel cartello all'ingresso delle librerie, usare gli slogan giusti, affollare vetrine e interni di pile di quel romanzo, confezionarlo con una veste grafica accattivante, magari far girare in rete qualche orrendo booktrailer (e sui booktrailer ci sarebbe un bel discorso da fare, magari uno di questi giorni scrivo un post così ne parliamo) e sei già a metà dell'opera.
Da lì, se tutto procede per il verso giusto, parte il circolo vizioso di classifiche, ristampe, fascette, ecc.
Il risultato finale è la convinzione secondo la quale se un romanzo ha venduto 300.000 copie significa che è andato incontro ai gusti del pubblico.
Vendere il contenitore è relativamente facile (a patto ovviamente di usare le strategie giuste). Ciò di cui invece l'editoria è totalmente incapace è vendere il contenuto.
Darmi un vero motivo per leggere quella storia, non per comprare la sua confezione.
Perché, come dice giustamente Davide, il contenuto di un libro non è equiparabile a quello di un pacchetto di Cipster o di una lattina di ottima birra.
Ditemi perché quella storia vale la pena di essere scelta e letta tra mille altre.
Intendiamoci, ho scritto "che ci piaccia o no" dando per scontato che a me, al Ratto (che conosco bene) o a Mana (uno dei lettori più voraci che si incontrino in rete) non piaccia neppure un po'. E che un libro, meglio, il suo contenuto, non faccia parte della fetta di universo che comprende i frullatori o la crema antirughe da uomo.
Dico solo che con una punta di cinismo non riesco a sperare in un editore che pubblichi solo opere in cui crede, fregandosene delle vendite e senza puntare sul marketing. A meno che non sia un filantropo miliardario, ma qui il calcolo delle probabilità rasenta lo zero.
E non penso neppure che sia un problema solo nazionale: non credo esista paese in cui l'editore non tenti di spingere ciò che pubblica in ogni modo.
Del resto i vampiri emaciati e i loro successo planetario non li abbiamo determinati noi. Ci siamo accodati al gregge, questo sì. Certo che quando sentivo parlare di globalizzazione non immaginavo avrebbe avuto l'aspetto di Edward.
Detto ciò, le fascette e la pubblicità in genere indispongono pesantemente anche me. Riescono spesso a scatenarmi l'effetto opposto di quello sperato da chi le ha ideate.
Con l'eccezione di quelle della Apple, devo ammettere.
abo
Sia chiaro, non considero il marketing il Male assoluto, altrimenti dovrei tirarmi un colpo in testa.
Il problema è che ormai è fuori controllo, si è verificato un pericoloso capovolgimento di ruoli: oggi è il Marketing a decidere ciò che il lettore medio deve leggere (non io eh, che non decido proprio una mazza!). Marketing che, tra l'altro, al momento di promuovere un romanzo spesso e volentieri non sa nemmeno di cosa tratti, o quasi. Tu dammi un thriller svedese qualsiasi, e io ti ci riempio le librerie. E, se tutto va bene, va pure in classifica (ovvero, la rassicurazione dovuta al successo condiviso all'ennesima potenza). Ma cos'ha questo thriller svedese che lo differenzia dagli altri 300 thriller svedesi che infestano gli scaffali?
FORTUNATAMENTE NULLA!
Filantropi miliardari a parte (grazie di esistere), gli editori sono ormai convinti di vendere un prodotto come un altro.
Peccato che al di sotto di quella volgare e caciarona fascetta, sotto a quella copertina accattivante, si nasconda appunto un'opera dell'ingegno umano (no, Twilight NON E' un'opera dell'ingegno umano!).
Venduta allo stesso modo di un chilo di pomodori.
Sì ok, è inevitabile e che ci volete fare eccetera, ma è anche molto avvilente.
E' all'incirca quello che MTV e radio commerciali fanno con la musica: altra opera dell'ingegno, stesso meccanismo di gusto di massa preconfezionato a monte.
Più serrata l'heavy rotation, maggiore il successo del pezzo, a prescindere dal suo valore.
Un po' di senso critico da parte della massa, e questi signori sarebbero disoccupati; anche su questo, mi fa difetto l'ottimismo.
Post fantastico, complimenti!
Anch'io odio le inutili fascette con quegli orrendi slogan da "un tanto al chilo" che, secondo me, sortiscono l'effetto opposto rispetto a quello desiderato.
Però, a quanto pare, un certo tipo di marketing funziona, specialmente se si considerano QUALI libri vendono e quali no.
Marketing per minus habens?
Da un punto di vista commerciale funziona eccome.
Però non lo definirei per minus habens: come tutte le strategie pubblicitarie "aggressive", si basa, come sottolinea giustamente abo, sull'heavy rotation, sul martellamento costante, sull'occupazione/invasione dei nostri spazi.
Ti prende per sfinimento, ti convince che l'oggetto pubblicizzato è esattamente ciò che vuoi.
Ovvio, strategie di questo tipo fanno leva sulla pigrizia della gente, sul loro desiderio di essere rassicurati, coccolati, indirizzati.
Perché è più facile, più veloce, meno rischioso, da entrambe le parti.
Non so se essere ottimista o meno...
al di là del discorso marketing... ho visto con i miei occhi bambini che, intrippati da Guitar Hero hanno voluto imparare davvero a suonare la chitarre.
Vale la pena prostituire Cime Tempestose? se porta come risultato magari convertire un lettore su 10 (del libro... su 1000 di Twilight!) alla Letteratura.... forse ne vale la pena....
Forse :D
D'altra parte, andando più OT ma richiamandomi ad un tuo post precedente, per me gli unici vampiri adolescenti rimangono The Lost Boys!!!!!!!!!!
quasi quasi adesso lo cerco...sono mille anni che non lo guardo (magari il ricordo è più bello del film in sè), intanto mi sono consolato con un po' di True Blood e non mi dispiace affatto...
ma questa è un'altra storia ;)
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