mercoledì 3 settembre 2008
The Mist - La recensione
La sconfinata produzione letteraria di Stephen King è da sempre oggetto di trasposizioni cinematografiche dai risultati a dir poco altalenanti: di fronte ai notevoli risultati ottenuti con film come Le ali della libertà, Stand By Me e Shining (solo per citarne alcuni), ci si è imbattuti in veri e propri orrori cinematografici del calibro di The Langoliers, Il tagliaerbe e Secret Window (e qui l'elenco potrebbe andare avanti pressoché all'infinito).
The Mist è un film molto controverso, capace di oscillare tra una prima mezzora degna del peggior horror-trash-bmovie a una mezzora finale capace di ritagliarsi a pieno titolo un posto nella miglior cinematografia horror/fantascientifica da molti anni a questa parte. La contraddittorietà della pellicola diretta da Frank Darabont si palesa in moltissimi aspetti della produzione e rende veramente arduo il compito di dare un giudizio uniforme al prodotto finale.
La trama è delle più semplici: una misteriosa nebbia avvolge la cittadina di Castle Rock, isolandola da tutto e tutti. Le comunicazioni sono tagliate, l'elettricità pure: un manipolo di cittadini si rifugia all'interno di un grande magazzino, ma diviene subito chiaro che all'interno di quella densa foschia si nasconde qualcosa di terribile e mostruoso.
Il regista non si dilunga in contorti preamboli e getta lo spettatore nel vivo dell'azione fin dai primissimi minuti: ma, come già accennato, dopo una mezzora di visione lo sconforto prende il sopravvento. Le interpretazioni offerte dagli attori sono di infimo livello, la macchina da presa zooma e sfuoca in modo fin fastidioso, e il primo incontro ravvicinato con "il mostro" è in grado di strappare più di una risata anche a un pubblico di pochissime pretese. Non fateci caso, chiudete un occhio e non spegnete il tasto stop. Sì perché, come già accennato, da qui in poi il film cambia radicalmente marcia, trascinando lo spettatore in un progressivo vortice di tensione (e terrore) che rompe i sottili equilibri creatisi tra i "sopravvissuti" fino alla totale disgregazione della loro piccola e mal assortita comunità. La costante minaccia esterna si ripercuote all'interno del grande magazzino con effetti devastanti: così, una predicatrice pazza riuscirà con i suoi allucinati vaneggi a convincere gran parte della gente che le creature nascoste nella nebbia altro non sono che un flagello divino, mentre tutti gli altri, gli "infedeli", diventano vittime sacrificali da offrire al vendicativo dio degli israeliti.
Certo, anche in questa fase centrale la qualità del film è altalenante, ma l'effetto è comunque notevole.
E poi l'ultima, splendida mezzora: nonostante la totale assurdità della "spiegazione scientifica" agli eventi, fornita da un militare intrappolato nel magazzino (che comunque va presa così, senza farsi troppe domande), la parte finale del film è, come già detto in precedenza, una delle più riuscite degli ultimi anni. L'orrore concreto e visibile che ha dominato gran parte del film slitta progressivamente verso un terrore per così dire "cosmico" di stampo lovecraftiano che avvolge ogni cosa, l'azione rallentata e sottolineata da un azzeccatissimo accompagnamento musicale accompagna lo spettatore verso un finale disperato e desolato. E poi il colpo di scena, che, pur nella sua spaventosa tragicità, stona e sa di posticcio: impressione confortata dal fatto che, come ho appreso in seguito, il finale del racconto è differente. Guardando il film non è difficile capire dove finisce la storia di King e dove inizia il finale "alternativo" ideato dal regista (cambiamento che, tra l'altro, è stato approvato entusiasticamente dallo stesso scrittore...).
E' veramente difficile giudicare un film del genere. Ma, nonostante la sua intrinseca contraddittorietà, questo The Mist si colloca di diritto ai vertici delle trasposizioni cinematografiche delle opere di stampo più "horror" del Re.
Rat-tichette:
Cinema,
Recensioni
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
9 commenti:
Bella recensione, lo guardero'
Sì Bisaccia, guardalo assolutamente, a te piacerà di sicuro.
bella si ma più spolier no? :-)
Ma no, non ho spoilerato praticamente nulla, guardare per credere!
gran bel pezzo! Darabont non sbaglia un colpo e può essere tranquillamente etichettato come il regista del Re. La recensione del Re Ratto è perfetta, il climax della narrazione è impressionante e l'idea di fondo come al solito è efficacissima, il finale una sorta di ciliegina amarissima su una torta di fiele.
Personalmente avrei preferito il finale del racconto, senza quindi l'ultima scena. In ogni caso pesantissimo anche questo, anzi, ancora più peso, però a me sapeva un po' di "attaccato lì", in qualche modo si capiva che il film non sarebbe dovuto finire così.
Visto ieri, non male davvero...
Pur partendo da un'idea inflazionata (fuori da quei cazzo di supermarket abbiamo già visto gli zombi di Romero, le macchine impazzite di un altro adattamento di un racconto del King) la storia è godibilissima.
E la chicca del quadro che il protagonista dipinge all'inizio (Didacemi?), suggerendo che la spiegazione di tutto abbia a che fare con un certo Medio-Mondo rende tutto più gustoso.
Ciao, ho letto la recensione e in linea di massima concordo con le tue valutazioni così come sulle tue perplessità in merito al finale. Però, riflettendoci, proprio il finale propone una chiave di lettura per certi versi spiazzante, dell'intera opera: la scelta del protagonista, lucida e razionale (anche se forse poco credibile, dopo tutto chi avrebbe il coraggio di uccidere il proprio figlio?) si rivela impetosamente sbagliata. Se avesse avuto fede e avesse seguito i principi evangelici non avrebbe commesso un massacro inutile. Allora forse la predicatrice folle non aveva tutti i torti? Questo capovolge la prospettiva dello spettatore che per tutto il film era stato portato ad abbracciare una certa visione della realtà (il razionalismo dell'individuo contro il fideismo della massa) che alla fine si rivela paradossalmente e cinicamente sbagliata...
Interessante punto di vista, anche se forse un pochino forzato. In ogni caso, preferisco mille volte il finale "original" a quello del film.
Posta un commento